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IL CASO. Troppo lavoro per il giudice E il boss viene scarcerato

Domenico Marino mercoledì 4 marzo 2009
carcerato presunto boss. Il giudice per l’udienza preliminare, oberato di lavoro, non ha trovato il tempo di depositare la sentenza con cui l’aveva condannato in primo grado con rito abbreviato, e quindi Cosimo Romanello, 48 anni, considerato dagli inquirenti elemento di spicco delle cosche della Locride, è tornato a piede libero. Il Tribunale di Reggio Calabria non ha potuto che accogliere l’istanza del suo avvocato difensore, Leone Fonte, il quale ha messo in risalto la decorrenza dei termini della custodia cautelare. Solo dopo il giudizio della Cassazione e quindi con la condanna passata in giudicato, infatti, si finisce dentro per scontare l’eventuale pena. Prima è solo custodia cautelare. A Romanello sono state applicate misure cautelari minori: obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e obbligo di dimora nel comune di residenza, cioè Siderno. Insieme al presunto boss sono stati scarcerati tre coimputati, Vincenzo Verterano, 44 anni; Nicola Ieraci, 51 anni, e Vincenzo Futia, 32 anni. La vicenda ha acceso i riflettori sugli organici attualmente in forza al Tribunale di Reggio Calabria: 48 sono i posti di magistrato previsti, 3 i posti scoperti di presidente di sezione sui 6 previsti (occorreranno 7 mesi per riavere l’organico completo) mentre tra i giudici si registrano tre assenze per maternità e una per compiti di collaborazione con il Csm.Il caso, clamoroso ma non raro, è esploso ieri quando è filtrata la notizia della scarcerazione di Romanello, indicato anche come luogotenente del capobastone Giuseppe Coluccio, di Gioiosa Jonica, lungo la costa ionica reggina, arrestato lo scorso agosto in Canada dopo un lungo periodo di latitanza. I carabinieri del Ros e la polizia canadese lo hanno scovato in un grattacielo sul lago Ontario, a Toronto. Da lì continuava a muovere i fili del traffico internazionale degli stupefacenti.Cosimo Romanello, ufficialmente un pescatore, era finito in manette appena lo scorso 11 novembre, giorno di San Martino, quando l’aria di festa lo riportò a casa per sorseggiare un bicchiere di vino novello accompagnato, nel rispetto dell’antica tradizione calabrese, dalle gustose zeppole calde: pasta di farina e patate ripiena di filetti di acciughe salate. Un peccato di gola costato caro al latitante. I carabinieri di Locri e Siderno e i militari dello speciale squadrone "Cacciatori", al culmine d’un lungo lavoro di monitoraggio degli spostamenti dei suoi familiari, lo avevano bloccato avanti all’ingresso della sua abitazione sidernese. A parere degli inquirenti il sodalizio criminale del quale avrebbe fatto parte Cosimo Romanello, era riuscito a suddividere le zone marine di pesca imponendo ai pescatori il pagamento del pizzo, anche sotto forma di cessione forzata di parte del pescato. Romanello non è il primo coinvolto nell’operazione "Nostromo" a tornare in libertà. Ieri il suo legale ha dichiarato che «quanto è accaduto non rende affatto giustizia» a Romanello. «La sentenza di condanna – ha aggiunto l’avvocato Fonte – è ingiusta».